La legittimazione di esercizio delle attività libero professionali mediante lo strumento di srl continua imperterrito: questa volta è la Corte Costituzionale che con Sentenza 11 del 5 febbraio 2020 è intervenuta sulla possibilità che una srl anche con soci non professionisti possa essere esercente di una farmacia.
Per capire la rilevanza della sentenza iniziamo dal dato legislativo. L’art. 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico) come modificato dall’art. 1, comma 157, lettere a) e b), della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), sotto la rubrica «Titolarità e gestione della farmacia», dispone che:
Sono titolari dell’esercizio della farmacia privata le persone fisiche, in conformità alle disposizioni vigenti, le società di persone, le società di capitali e le società cooperative a responsabilità limitata.
Le società di cui al comma 1 hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia.
La partecipazione alle società di cui al comma 1 è incompatibile con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l’esercizio della professione medica. Alle società di cui al comma 1 si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 8». Il successivo art. 8 della stessa legge n. 362 del 1991 (rubricato «Gestione societaria: incompatibilità») stabilisce che la partecipazione alla società di cui all’art. 7 è incompatibile «con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato».
Dal testo normativo, novellato nel 2017, si evince chiaramente come le società a responsabilità limitata possano essere le proprietarie di farmacie ma la pronuncia della Corte ha l’effetto di rafforzare ulteriormente il modello addivenendo alla conclusione che anche il rapporto paventato di incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato per i soci della srl debba essere rivisitato nel senso più liberale. Con parole della corte “l’incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato, se era coerente con il precedente modello organizzativo – che, allo scopo di assicurare che la farmacia fosse comunque gestita e diretta da un farmacista, ne consentiva l’esercizio esclusivamente a società di persone composte da soci farmacisti abilitati, a garanzia dell’assoluta prevalenza dell’elemento professionale su quello imprenditoriale e commerciale –, coerente (quella incompatibilità) non lo è più nel contesto del nuovo quadro normativo di riferimento che emerge dalla citata legge n. 124 del 2017, che segna il definitivo passaggio da una impostazione professionale-tecnica della titolarità e gestione delle farmacie ad una impostazione economico-commerciale. Innovazione, quest’ultima, che si riflette appunto nel riconoscimento della possibilità che la titolarità nell’esercizio delle farmacie private sia acquisita, oltre che da persone
fisiche, società di persone e società cooperative a responsabilità limitata, anche da società di capitali; e alla quale si raccorda la previsione che la partecipazione alla compagine sociale non sia più ora limitata ai soli farmacisti iscritti all’albo e in possesso dei requisiti di idoneità.
Ragion per cui non è neppure più ora indispensabile una siffatta idoneità per la partecipazione al capitale della società, ma è piuttosto richiesta la qualità di farmacista per la sola direzione della farmacia: direzione che può, peraltro, essere rimessa anche ad un soggetto che non sia socio”.
Dalla lettura della Corte possono dunque trarsi le seguenti indicazioni:
il nuovo assetto normativo permette la titolarità di farmacie (private) in capo anche a società di capitali (dato palese dalla novella della l. 124/2017);
della società di capitali possono far parte anche soci non farmacisti;
a tutti i soci, unicamente titolari del capitale sociale e non vincolati alla gestione diretta da normative speciali, non sono applicabili le incompatibilità “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico privato” di cui alla lettera c) co.1 art. 8 L. 362/1991.